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Cerimonia dei Diplomi 21-23

Si è svolta venerdì 22 settembre a Città Studi la cerimonia di consegna dei diplomi agli studenti del biennio 21-23, che nel luglio scorso hanno concluso il loro biennio di alta specializzazione tecnologica.

61 studenti suddivisi nei 4 corsi dedicati al Prodotto tessile, ai Processi tecnologici tessili, alla Confezione e alla Maglieria, lo scorso luglio sono giunti al termine del loro percorso biennale di alta specializzazione tecnologica, e venerdì scorso hanno suggellato questo traguardo ricevendo il diploma direttamente dalle mani degli imprenditori di alcune tra le oltre 250 aziende con cui il TAM collabora stabilmente nella formazione dei giovani talenti.
Una collaborazione fattiva e determinante se si considera che oltre il 90% di questi studenti, come è nella media dei diplomati del nostro TAM, ha già un impiego in questo settore, confermando la ormai nota sete delle aziende di figure specializzate come quelle rappresentate appunto dai nostri diplomati.

Dopo i saluti e le congratulazioni del nostro Presidente Pier Francesco Corcione, dell’Assessore Regionale alla Formazione e Lavoro Elena Chiorino, grande sostenitrice del sistema degli ITS piemontesi, e del Presidente del Comitato Education di Sistema Moda Italia di Confindustria Paolo Bastianello, sono stati gli imprenditori, com’è ormai nella tradizione delle Cerimonia dei diplomi del TAM, a consegnare gli attestati ai ragazzi: grazie dunque a Marco Bardelle (TF2000), Paolo Drago (Lanificio Drago), Massimo Marchi (Marchi & Fildi), Federico De Martini (DBT Fibre), Ludovico Maggia (Maglificio Maggia) e Stefano Sanna(Presidente Gruppo Giovani Imprenditori dell’UIB).

L’aumento del numero di percorsi offerti è da leggere assieme all’aumento del numero degli iscritti, un dato particolarmente importante in quanto uno degli obiettivi del PNRR è proprio il raddoppio del numero di giovani che frequentano questi istituti. Gli iscritti passano dai 1.512 del 2013 agli 8.274 del 2021, con un aumento costante. La crescita, rispetto agli iscritti nel 2020, è del 16%. Le aree tecnologiche più gettonate sono le stesse che attivano il più alto numero di corsi, e lo stesso vale per la distribuzione territoriale. La maggior di percorsi e iscritti si concentra quindi nell’area del Nord Italia, con performance non uniformi tra le diverse aree tecnologiche.
 
Nel 2021 cala anche il tasso di abbandono, con una riduzione pari all’1,4% rispetto all’anno precedente: si passa infatti dal 20,3% al 18,9%, il secondo dato più basso da quando il sistema ITS è sottoposto al monitoraggio, quindi a partire dal 2013. Approfondendo questo dato, la maggior parte di coloro che abbandono i percorsi ITS prima dell’acquisizione del titolo di studi ha più di 30 anni, più di uno su tre (36,2%). Al diminuire dell’età, diminuisce anche il tasso di abbandono, che arriva al 15,1% per la fascia dei 18-19enni. È realistico pensare che gli iscritti con un’età più elevata si interessino al sistema ITS al fine di trovare una nuova occupazione, e che quindi siano più propensi ad interrompere gli studi a fronte di offerte di lavoro. È interessante anche notare come il titolo di studi posseduto dalla maggior parte di coloro che abbandonano è la laurea (33,3%), a conferma della lettura proposta. Le percentuali di abbandono variano anche significativamente da Regione a Regione. Nel Nord il tasso di abbandono è, in media, del 13%, nel Centro del 18%, e nel Sud e nelle Isole del 28%, con alcune Regioni dove più di uno studente su tre interrompe il percorso prima dell’acquisizione del titolo (Calabria, Molise, Sicilia, Sardegna).

 
Il rapporto presenta dati interessanti anche a proposito del profilo degli iscritti. Emerge come quasi la metà abbia tra i 20 e i 24 anni (43,1%). Numerosi sono anche i giovani tra i 25 e i 29 anni (10,2%) e quelli over-30 (8,6%), a conferma del fatto che l’ITS non viene scelto unicamente al termine del percorso di studi secondario superiore, ma anche a fronte del desiderio di riqualificarsi oppure ancora a seguito di un abbandono universitario.
 
Sussistono ancora forti squilibri di genere, con le studentesse che corrispondono solamente al 26,7% degli iscritti, un dato comunque in lento miglioramento. Anche in questo caso le percentuali variano al variare dell’area tecnologica interessata: le studentesse sono il 71,1% degli iscritti nell’ambito del sistema moda, ma solamente il 3,5% nel sistema meccanica.
 
Molto importante risulta essere il percorso di studi di provenienza degli iscritti al sistema ITS. In linea con quanto osservato negli anni precedenti, il 58,9% degli iscritti possiede un diploma tecnicoAl secondo posto non si trovano però i diplomati di percorsi di istruzione professionale, ma i diplomati liceali, che sono il 22,3% degli iscritti. I diplomati professionali si fermano al 14,5%, mentre residuali risultano essere i laureati (2,9%) e coloro che arrivano all’ITS grazie al possesso di altri diplomi (1,4%). L’attuale filiera professionalizzante, che dai percorsi regionali di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) dovrebbe portare attraverso il conseguimento di un certificato IFTS al sistema ITS non esiste, se non sulla carta. La natura professionalizzante di questi percorsi e le complesse transizioni da un segmento all’altro (IeFP – IFTS – ITS), dipendenti da bandi regionali su base annuale, fanno si che ad oggi una vera e propria filiera che accompagni tramite percorsi non “scolastici” gli studenti fino al diploma ITS non sia operativa. In questo contesto saranno quindi tutte da valutare le conseguenze e i risultati della sperimentazione proposta dal Ministro Valditara, recentemente approvata, riguardante la filiera tecnologico-professionale, di cui uno degli obiettivi principali è proprio sviluppare le sinergie e facilitare la transizione tra sistema secondario superiore (scuole e IeFP) e terziario non accademico (ITS).
 
Uno degli elementi caratterizzanti da sempre il sistema ITS è la governance “plurale” delle singole Fondazioni. Quest’ultime sono infatti composte da una pluralità di soggetti, che collaborano attivamente tra loro per la progettazione di percorsi formativi in linea con i fabbisogni di uno specifico settore e territorio, pur avendo come riferimenti standard minimi fissati a livello nazionale. Non stupisce quindi notare che anche nel 2021 il 42,1% dei partner delle Fondazioni ITS sono imprese. Numerosi sono anche gli istituti scolastici secondari superiori (17%) e le agenzie formative (12,1%). È interessante constatare la presenza come partner delle Fondazioni di 143 (il 4,8%) associazioni datoriali e solamente 15 (lo 0,5%) organizzazioni sindacali. La rappresentanza delle imprese è quindi maggiormente presente, rispetto a quella dei lavoratori, nelle Fondazioni ITS. La maggior parte delle Fondazioni è composta da numerosi partner: più di una su tre (precisamente il 38,7% sul totale delle Fondazioni) ha tra i 21 e 50 partner.

 
Anche la didattica è un elemento particolarmente innovativo e che contraddistingue il sistema ITS. La “riforma” dell’anno scorso ha innalzato le percentuali previste per quanto riguarda le ore impegnate in stage curriculare (dal 30% al 35%) e di formazione svolte da docenti provenienti dal mondo del lavoro (dal 50% al 60%). In realtà, queste percentuali sono già state raggiunte e superate dai percorsi del 2021 monitorati dal rapporto: il monte ore di stage si attesta al 42,8%, mentre le ore affidate a docenti provenienti dal mondo del lavoro sono il 72,9% sul totale, in costante aumento dal 2013. Per meglio comprendere la strutturazione della didattica ITS è inoltre importante ricordare che il 28,2% del monte ore è svolto in formazione presso laboratori di imprese o di ricerca, e che il 70,5% dei percorsi fa ricorso, a fini didattici, a tecnologie abilitanti legate a Industria 4.0 (nel 2017 erano solo il 18%). La crescita quantitativa di iscritti e percorsi è quindi andata di pari passo con una crescita qualitativa dell’offerta formativa, con la diffusione di metodologie didattiche innovative (ad esempio, il Design Thinking), una sempre più stretta alleanza con il mondo del lavoro, e in generale una formazione laboratoriale, pratico-operativa, capace di tenere assieme conoscenze teoriche e pratiche, migliorando così la capacità di adattamento degli studenti ai diversi contesti di lavoro e curvando la didattica sulla base degli specifici fabbisogni delle imprese. L’innovazione tecnologica richiede infatti, per essere governata, una formazione sempre più ibrida e svolta a diretto contatto con la realtà dei contesti lavorativi, e non esclusivamente teorica e frontale. È quindi per rispondere alla sfida del cambiamento che gli ITS hanno, negli anni, elaborato modelli didattici altamente innovativi e basati su una costante contaminazione tra conoscenze teoriche e pratiche.
 
I dati raccolti dal Rapporto di monitoraggio del 2023 attestano quindi una crescita continua del sistema ITS, sotto diversi aspetti: numero di iscritti, numero di corsi erogati, efficacia nel placement, sempre più stretta collaborazione e integrazione con il mondo del lavoro, strutturazione di reti collaborative su base territoriale partecipate soprattutto da imprese.
 
Allo stesso conto, lasciano intravedere un sistema non eterogeneo, in termini di diffusione territoriale e per area tecnologica, ma anche di risultati ottenuti. Lo stesso sistema può essere pensato come un’ottima scelta con cui proseguire gli studi al termini dei percorsi di istruzione secondaria superiore, ma anche come un’opportunità per riqualificarsi e trovare un buon lavoro per i meno giovani. La sfida è quindi quella di tenere assieme la flessibilità e la capacità adattiva di questi percorsi alle specificità locali con un’identità chiara di riferimento e con standard qualitativi chiari e uniformi su tutto il territorio nazionale, per evitare che si affermino poi ITS di riconosciuta eccellenza e Fondazioni poco o per nulla performanti, aree tecnologiche efficaci e altre meno.
 
Non si tratta ovviamente di irrigidire un modello organizzativo e didattico che fa della sua flessibilità e della sua capacità di integrarsi e dialogare con il territorio il suo punto di forza, ma di evitare che gli squilibri che pure esistono aumentino ulteriormente. Data poi l’importanza di sedi dotate di spazi di apprendimento adeguati, sarebbe anche opportuno non aumentare, ulteriormente, il numero di Fondazioni, già cresciute nell’arco di un anno dalle 129 del 2022 alle 146 attuali, così da concentrare gli investimenti su infrastrutture strategiche che possano poi svolgere il ruolo di poli territoriali dove aggregare formazione, ricerca e lavoro.
 
Su questi e su altri aspetti, ad esempio quello riguardante i rapporti e le modalità di passaggio tra ITS e Università, sarà decisivo il contenuto dei decreti attuativi della riforma, chiamati a preservare i punti di forza di questo sistema senza stravolgerlo e allo stesso limando, là dove necessario, le attuali criticità, evitando poi di introdurre meccanismi di controllo e gestione eccessivamente centralizzati e burocratici, là dove invece l’efficacia degli ITS la si sperimenta nella reti territoriali che riescono a stabilire.
 
Reti nelle quali è forse ancora troppo marginale il ruolo della rappresentanza. Se almeno per quanto riguarda la partecipazione come partner alle attività da Fondazione è da salutare con favore il protagonismo dell’associazionismo datoriale mentre ancora marginale se non completamente assente è il ruolo del sindacato, è sul fronte della contrattazione collettiva che è possibile immaginare notevoli margini di miglioramento. Ad esempio, favorendo anche nei sistemi di inquadramento (oggi non sempre è così) la riconoscibilità del diploma ITS e soprattutto delle competenze ad esso correlate, disciplinando l’apprendistato di alta formazione per lo svolgimento dei percorsi ITS che, come ha evidenziato una ricerca di Fondazione ADAPT e Intesa Sanpaolo rappresenta un opportunità per potenziare l’efficacia di questi percorsi duali ma che viene regolamentato solo da circa uno su tre dei CCNL più utilizzati, oppure ancora coinvolgendo sempre più il sistema ITS nell’erogazione di corsi di formazione per lavoratori occupati e in generale per adulti, che pure – come richiamato all’art. 2, c. 1 della l. 99/2022 – è uno degli scopi del sistema ITS ma che ancora oggi è poco sviluppato. Per quest’ultimo punto, sinergie interessanti potrebbero instaurarsi con gli enti bilaterali e soprattutto con i Fondi Paritetici Interprofessionali.
 
In sintesi, il rapporto riconsegna al lettore decisamente più luci che ombre sul sistema ITS, che si sta sempre più affermando come un’opportunità formativa efficace nel dare risposta ai fabbisogni delle imprese ma anche e soprattutto alle aspirazioni professionali dei giovani. Un’opportunità che i decreti attuativi della riforma devono limitarsi a potenziare senza stravolgere, andando a contrastare processi di eccessiva eterogeneità a livello territoriale o settoriale. E che soprattutto le Parti Sociali devono riscoprire, per contribuire attivamente alla costruzione non semplicemente di efficaci percorsi di formazione per i più giovani, ma di veri e propri ecosistemi territoriali capaci di tenere assieme formazione, ricerca e mondo del lavoro.

Premiati anche gli studenti 22-24 con le Borse di studio

Per confermare il sostegno ai talenti più meritevoli, durante la cerimonia dei diplomi sono state distribuite le borse di studio messe a disposizione dalle imprese agli studenti del biennio 22-24 che stanno per iniziare il loro secondo anno, per un totale di oltre 10 mila euro.

ACIMIT, innanzitutto, nostro supporter possiamo dire ormai affezionato: l’Associazione dei Costruttori Italiani di Macchinari per il Tessile da 3 anni offre 5 riconoscimenti per motivare gli iscritti nel loro percorso formativo. Per i brillanti risultati conseguiti nel corso del primo anno le borse di studio sono state assegnate a Camilla Chiaverina, Marta Landoni, Chiara Milano, Filippo Proverbio e Nicole Saccardi.

Nuova è invece la borsa di studio predisposta dall’Associazione Nazionale del Commercio Laniero (IWTA), che il prossimo mese di aprile porterà uno studente, Filippo Migliorini, nientemeno che in Scozia per uno stage alla Todd & Duncan, l’unico filatore scozzese che offre filato cashmere a case di moda e a produttori di maglieria di qualità in tutto il mondo.

Si aggiungono alla lista anche le aziende del polo tecnologico Magnolab, con due borse di studio che si sono aggiudicati Marco Centra e Lucrezia Frison del corso Prodotto.

Ultime ma non ultime le due borse di studio che la Di.vè filati ha intitolato alla memoria di Maurizio Benna, collaboratore mancato lo scorso gennaio, e che sono state consegnate dalla moglie Laura e dal figlio Matteo a Daniela Balcazar e Francesco Massucco.


Congratulazioni a tutti, diplomati e borsisti, il vostro luminoso futuro luminoso è già cominciato!

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